domenica 15 maggio 2011

LA RIVOLUZIONE RESTAURATRICE DI JOSE' ANTONIO PRIMO DE RIVERA (di Piero Vassallo)

Un brillante allievo di Fausto Belfiori, il filosofo romano Paolo Rizza, secondo l'autorevole e condiviso giudizio di Luigi Gagliardi, è il più qualificato e infaticabile fra i giovani scrittori intesi alla ricerca delle profonde ragioni che hanno animato i movimenti costituiti nel XX secolo per affermare gli indeclinabili princìpi della Tradizione.
Frutto recentissimo dell'assidua fatica di Rizza è il saggio "La Falange spagnola. Origini ed essenza di un movimento rivoluzionario", pubblicato in Chieti dal coraggioso e benemerito editore Marco Solfanelli.
Nella presentazione del libro, Gagliardi, offre una puntuale chiave di lettura rammentando che "Caratteristica della Falange era la sua estraneità alle categorie politiche di destra e di sinistra; la sua finalità era la rivendicazione della cultura e della Tradizione del popolo spagnolo contro la dirompente carica profanatrice della modernità".
José Antonio Primo de Rivera (1903-1936) perseguiva, infatti, l'ambizioso progetto di creare un ordine radicalmente alternativo al liberalismo e al marxismo. Opportunamente Rizza dimostra che "Le componenti spirituali e culturali che hanno concorso a determinare la fisionomia della Falange traggono la propria origine da un ethos religioso-cavalleresco ben radicato nell'eroica tensione civilizzatrice che animò l'epopea della Reconquista e che va considerato come uno degli aspetti più qualificanti della Hispanidad",
Di qui la critica spietata al contrattualismo, errore (scrive Rizza) "che pretendendo di desumere il fondamento e la legittimazione dell'autorità politica da vuote finzioni razionalistiche, ha determinato una pericolosa falsificazione del carattere e dei fini dello Stato", ossia la negazione che esso abbia per compito la tutela dell'ordine etico e spirituale fondato dalle società naturali, che sempre precedono le leggi stabilite dalla società politica.
La filosofia politica della Falange sosteneva che il più devastante fra gli errori seminati da Rousseau e comunicati alla politologia sedicente progressista, è la tesi secondo cui verità e giustizia non sono categorie che la ragione deve scoprire e approfondire ma prodotti delle decisioni della volontà.
L'implacabile denuncia del peccato originale delle rivoluzioni, che dopo aver sconvolto l'età moderna sfociano nel relativismo e nel nichilismo, dimostra "la sostanziale affinità di orientamenti dottrinali e programmatici che accomunano il pensiero politico della Falange alla connotazione religiosa e anti-ideologica che caratterizza la cultura reazionaria".
Rizza confuta tuttavia il giudizio che attribuisce a José Antonio l'avversione al progresso e dimostra l'origine decadente della cultura che ha tentato di mettere in stato d'accusa il falangismo: "smaccata perversione patologica della sana idea di progresso, che trova la propria giusta collocazione nel quadro di una concezione filosoficamente fondata della realtà".
Dall'orizzonte della sana e legittima reazione è esplicitamente escluso il nazismo, espressione dei prodotti ultimi e peggiori dell'apostasia moderna, il darwinismo e il superomismo.
Di qui il suggerimento di una originale interpretazione del rapporto tra falangismo e fascismo: "Le rivoluzioni di cui Mussolini e José Antonio sono pugnaci assertori, perseguono il fine di ricomporre la dimensione comunitaria in una cornice politicamente e giuridicamente organica, ove lo Stato, assurgendo a organo rappresentativo dei più alti valori della vita di un popolo, ordina e garantisce il suo dispiegamento".
Grazie all'ingente lavoro di Paolo Rizza il revisionismo esce dal circuito in cui si estenuano i difensori dell'anomalia nazista per indirizzarsi alla scoperta delle ragioni che appartengono alla destra ideale. In una fase storica segnata dalla contestazione della macchina speculativa e strozzina generata dall'ideologia liberale e dal tramonto della destra americanizzante, la vasta opera di Rizza costituisce un importante contributo al chiarimento delle idee necessarie alla rifondazione.

Piero Vassallo

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