domenica 11 maggio 2008

Recensione su La Civiltà Cattolita (n. 3783, 2008)

Giornalista pubblicista e dottorando di ricerca presso l’Università “La Sapienza” di Roma, l’A. proviene da una formazione storica, sviluppata soprattutto nell’ambito dell’insegnamento di “Storia moderna e contemporanea della Chiesa e delle altre confessioni cristiane”. Attualmente è cultore di Storia del Cristianesimo nella facoltà di Scienza storiche dell’Università Europea di Roma, nonché corrispondente dell’Istituto dell’Insorgenza e dell’Identità Nazionale (ISIIN) di Milano.
In questo agile volumetto il Brienza si occupa di una fase delicatissima della storia italiana, il 1848, prestando una particolare attenzione agli eventi che interessano i Gesuiti.
Ricordiamo brevemente i fatti riproposti dall’A. La Compagnia di Gesù, all’epoca l’ordine più fiorente di tutta la Chiesa cattolica, viene soppressa nel 1773 da papa Clemente XIV (1769-1774), dietro la pressione delle potenze e diplomazie liberali, protestanti e filomassoniche del tempo. Riabilitati nel 1814, da subito e con un ritmo impressionante i Gesuiti riprendono a crescere. Ecco alcuni dati forniti dall’A. Al tempo della soppressione erano circa 24.000 sparsi in 271 missioni e 600 collegi. Al tempo della riabilitazione del 1814 sono ormai ridotti a circa 600 in totale, di cui 200 in Italia. Ed ecco la crescita, con i dati riferiti solo all’Italia: nel 1820 sono già 316 (su 1.300 totali), 525 nel 1825, 700 nel 1831. Così, alle soglie del Risorgimento, eccoli di nuovo pronti a difendere il Papa, l’ortodossia, i diritti della Chiesa.
È proprio questa inarrestabile crescita nei numeri e nel potere che, secondo l’A., comincia a preoccupare i teorici del Risorgimento italiano. Di qui la reazione del movimento rivoluzionario il quale: «– al fine di eliminare ogni ostacolo ad un’unificazione italiana che intendeva cancellare, assieme allo Stato pontificio, anche la fisionomia cattolica del nostro paese – non poteva non suscitare di nuovo una persecuzione contro i Gesuiti, che apparivano il principale baluardo della tradizione cattolica nazionale» (p. 10).
Preludio alla campagna antigesuitica italiana è la rivoluzione svizzera del 1847, con la vittoria dei radicali sui cantoni cattolici e la conseguente espulsione dei religiosi – con particolare riferimento ai Gesuiti – da tutta la Svizzera. D’altra parte l’antigesuitismo, parte fondamentale del laicismo in rapida espansione nel periodo, è presente un po’ in tutta Europa. In realtà il vero bersaglio rimane l’Ancien régime il quale, però, era profondamente impregnato di influenze cristiane: e allora, attaccare la Chiesa diventa sinonimo di lotta all’Ancien régime.
Tornando all’Italia, l’antigesuitismo trova il suo massimo esponente in V. Gioberti (1801-1852), filosofo e uomo politico torinese, che pure inizialmente aveva cercato di guadagnare i Gesuiti al suo progetto di federazione italiana. La sua successiva svolta antigesuitica si concretizza in un’opera famosa: Il gesuita moderno che, ovviamente, gli mette contro anche quei Gesuiti che inizialmente lo avevano appoggiato. Fra tutti è da ricordare Carlo Maria Curci (1809-1891), primo direttore de La Civiltà Cattolica, periodico che proprio in quel periodo viene concepito, anche se poi comincerà ad apparire solo nel 1850.
In definitiva, alla vigilia del ’48 i Gesuiti sono già il principale bersaglio di tutte le forze liberali nei vari stati della penisola. Con il diffondersi della rivoluzione vengono isolati e cacciati un po’ ovunque. In proposito l’A. si sofferma su alcuni casi particolari che fanno comprendere bene la situazione del periodo.
Il piccolo testo è interessante. Si possono ricordare o apprendere ex novo fatti che solitamente non vengono rimarcati nelle ricostruzioni storiche relative a quel periodo, soprattutto su un tema così particolare come quello di una Congregazione religiosa. In tal senso la ricostruzione dell’A., breve ma minuziosa e documentata, fa giustizia di tanti giudizi approssimativi, veri e propri pre-giudizi negativi nei confronti dei Gesuiti.
Così posta, potrebbe apparire una semplice presa di posizione apologetica: in realtà è una vera ricostruzione storica. Se non abbiamo frainteso il pensiero di fondo dell’A., forse si potrebbe dire che l’azione dei Gesuiti si fa politica solo quando l’azione laica si fa anticlericale. Se così fosse, e così a noi sembra sulla base della storia e non solo di quella riproposta dall’A., perché meravigliarsene? In questi termini, in fondo, la Compagnia di Gesù non fa altro che dimostrarsi fedele al suo fondatore – Ignazio di Loyola (1491-1556) – o, più precisamente, alla Chiesa di Dio.

Giuseppe Esposito
@ La Civiltà Cattolica 2008
Quaderno 3783, febbraio 2008

http://digilander.libero.it/Esposito_Consiglio/G._Brienza:_Recensione_di_Giuseppe_Esposito.html

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