mercoledì 30 dicembre 2009

I "Gesuiti" di Brienza alla Stanford University (California)

La Stanford University (California) ha acquistato per la propria biblioteca e reso consultabile nel suo catalogo on line (http://searchworks.stanford.edu/view/7188397) il saggio I Gesuiti e la Rivoluzione italiana nel 1848 di Giuseppe Brienza, considerandolo una significativa testimonianza della storia politica ed ecclesiastica del XIX secolo. E' presente nella sezione "Italia - Storia - 1815-1870".

I "Gesuiti" di Brienza alla Stanford University (California)

La Stanford University (California) ha acquistato per la propria biblioteca e reso consultabile nel suo catalogo on line (http://searchworks.stanford.edu/view/7188397) il saggio I Gesuiti e la Rivoluzione italiana nel 1848 di Giuseppe Brienza, considerandolo una significativa testimonianza della storia politica ed ecclesiastica del XIX secolo. E' presente nella sezione "Italia - Storia - 1815-1870".

giovedì 24 dicembre 2009

RECENSIONE di Piero Vassallo

Costituito come avanguardia futurista, in sintonia con il pensiero moderno, il movimento fascista, salendo al potere, incontrò le radici della sua più vera identità nelle ragioni indeclinabili, che oppongono la fede cristiana alle utopie rivoluzionarie.

L’evoluzione religiosa del fascismo iniziò nel dicembre del 1922, quando Arnaldo Mussolini, resosi conto che la religione è l’insostituibile cardine dell’ordine civile, convinse il fratello ad iniziare un autentico cammino di conversione.

Nel dicembre del 1922 la marcia d’avvicinamento alla cristianità subì una forte accelerazione: Benito Mussolini, infatti, approvò la proposta del filosofo Francesco Orestano, che immediatamente diede inizio alla trattativa con la Santa Sede , intesa a “restituire l’Italia a Cristo e Cristo all’Italia”.

Il successo conseguito dal governo italiano nella faticosa costruzione dell’accordo tra Italia fascista e Vaticano, destò una tale ammirazione da causare un profondo cambiamento nella strategia dei nazionalisti e da avviare la collocazione a destra di importanti settori del popolarismo cristiano.

La politica culturale del fascismo fu adottata (con alcune varianti) da tutti i partiti della destra europea, che in tal modo si emancipò dalle filosofie di matrice illuministica.

Il modello fascista, peraltro, non fu imitato dalle sole forze di destra: vasti settori dei partiti cattolici, infatti, presero le distanze dal democratismo modernistico e si collocarono nell’area della cultura rinnovata da Mussolini.

Nell’orbita del fascismo entrarono i più qualificati esponenti dell'Action française, della Falange ispanica, della destra austriaca, ungherese e belga, e del conservatorismo cristiano-ortodosso di Romania.

Nella sfera dell’influenza fascista si collocarono anche numerosi autorevoli esponenti dello Zentrum cattolico tedesco, ad esempio Anton Hilckman e Georg Moenius, direttore, quest'ultimo, della "Allgmeine Rundschau" e capofila degli oppositori al nazismo.

Nelle pagine di "Antieuropa", la rivista fondata e diretta da Gravelli e finanziata dal governo fascista, gli esponenti dello Zentrum formulavano, in durissimi giudizi sul nazismo, colpevole di "far rivivere i sinistri miti del wotanismo", di essere "l'espressione della perenne antilatinità e antiromanità", e di contorcersi nella grottesca rappresentazione di "una forma sublimata di talmudismo"

Purtroppo la pagina di storia che fu scritta dai protagonisti della svolta religiosa compiuta dalle destre cristiane, è nascosta dal bianchetto versato dalla tracotanza storiografica delle sinistre e dal conformismo dei democristiani.

La verità storica, tuttavia, è stata conservata da alcuni animosi revisionisti, ad esempio Ennio Innocenti, Fausto Belfiori, Luigi Gagliardi, Davide Sabatini, Guido Mussolini, Fabio Andriola e Paolo Rizza, i quali hanno dimostrato l’esistenza (nel cuore del partito fascista) di una comunità ideale, fondata per unire le forze dell’Europa tradizionale nella costruzione di un argine ai contrapposti errori intitolati alla sovversione.

Secondo Paolo Rizza, il movimento fondato da Corneliu Zelea Codreanu nel 1927, era animato dall’aspirazione “a creare un modello antropologico animato da una sincera e non convenzionale adesione alle tradizioni del proprio popolo, e da un altrettanto deciso rifiuto della mentalità borghese e materialistica veicolata da ideologie totalmente e radicalmente difformi dalla fede cristiana” (pag. 24).

Storico controcorrente, Paolo Rizza ha interpretato la vicenda della Legione romena di San Michele Arcangelo alla luce della proibita verità sulla convergenza di politica d’ispirazione fascista e ideali cristiani.

L’indagine del giovane e sagace studioso ha poi ristabilito la verità sull’opposizione della destra fascista di Romania al razzismo tedesco: “Risulta agevolmente comprensibile che il concepire la nazione quale patrimonio di valori spirituali destinati ad informare le varie manifestazioni della vita civile di un popolo, è privo di qualunque riferimento ai deleteri presupposti del razzismo biologico, proprio del nazionalsocialismo tedesco” (pag. 25). L’antisemitismo hitleriano fu invece condiviso dal partito dei conservatori, da cui Codreanu si era separato prima di fondare il movimento legionario.

Interpretata con il rigore di cui si è dimostrato capace Paolo Rizza, l’esemplare vicenda dei legionari romeni aggiunge un prezioso tassello alla documentazione degli storici che sostengono la necessità di sciogliere finalmente il plesso nazifascismo e di riconoscere l’attualità della filosofia politica elaborata all’interno di una fra le più vivaci correnti intellettuali del Novecento.

Piero Vassallo

http://lariscossacristiana-libri.blogspot.com/2009/12/paolo-rizza-guardia-di-ferro-la-legione.html

domenica 15 novembre 2009

RECENSIONE di Enzo Natta

Era o non era nazista? O perlomeno poteva essere coinvolta in quella responsabilità collettiva di cui fu accusato tutto il popolo tedesco dopo la seconda guerra mondiale?
Negli ultimi anni della sua vita Leni Riefensthal aveva sempre sostenuto di essersi distaccata dal nazionalsocialismo a mano a mano che prendeva coscienza del baratro nel quale stava scivolando la Germania.
Di questo personaggio tanto discusso (autore di famosi documentari come Il trionfo della volontà e Olimpia) il libro in questione fornisce una serie di documenti storici di straordinaria rilevanza: venti incontri con Hitler e uno con Mussolini in cui l’autrice del Trionfo della volontà e di Olimpia riporta il testo delle conversazioni. In cui si parla di cinema, del suo lavoro, degli impegni che l’attendono, ma anche del futuro della Germania e della scarsa affidabilità degli italiani. E di una proposta da parte di Mussolini di girare un documentario sulle paludi Pontine.

http://inscenaonline.altervista.org/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=34&Itemid=54


giovedì 12 novembre 2009

RECENSIONE di Marco Iacona ("Linea", 12 novembre 2009)

Esistono due modelli di interpretazione circa le vicende di Corneliu Zelea Codreanu, leggendario legionario rumeno, attivo fra le due guerre mondiali. Il primo è l’assoluto (spesso isterico) rifiuto di un piccolo Hitler rumeno, il secondo è la glorificazione del grande e bel personaggio tutto onore e fedeltà, scomodo perfino agli alleati. Un libro appena edito da Solfanelli – per la collana Saperi storia (Paolo Rizza, Guardia di ferro, 2009; pp. 64 euro 7.00) – ci consegna invece un Codreanu più di sostanza, a metà fra fede e idealità, fautore di un antirazionalismo fattivo – fondato su un cristianesimo “eroico” di disciplina e preghiera – e non solo di protesta o uomo-immagine; una figura singolare, la cui tragicità è specchio di un periodo nel quale i fascismi giocarono partite destinate a influire sulla fortuna dei popoli e sulle scelte dei governanti. Non un personaggio da poco, insomma al quale sembra opportuno non operare né sconti né regali. Un bravo allora a Rizza che svela, fin dall’inizio, quale parere intende accordare circa il fondatore della “Legione dell’Arcangelo Michele” (1927) e della successiva Guardia di ferro (1930): «La dichiarata avversione al comune retroterra razionalistico e anticristiano della democrazia, del liberalismo e del socialismo, costituisce dunque il tratto più facilmente individuabile del movimento guardista di Codreanu, al quale sarebbe però limitativo attribuire una connotazione esclusivamente politica; esso infatti aspirava costantemente a trarre il senso più intimo della sua presenza dal patrimonio spirituale di una tradizione storicamente incarnatasi nella fede cristiana, intesa da Codreanu come la sola prospettiva capace di garantire una vera rinascita spirituale e civile della Romania». E anche se l’autore non lo scrive, è questo il limite maggiore della creazione spirituale di Codreanu dal sottofondo tradizional/religioso. Peraltro parecchio imitato.
Per non qualificare in modo aleatorio il “programma” della milizia del “capitano” è bene però elencare i capisaldi del Codreanu-pensiero: antilluminismo e ovviamente valorizzazione della tradizione insita nella cristianità, antidemocraticità come prassi e valore, infine ridimensionamento del potere economico ad attività resa per soddisfare i bisogni materiali («Nella persuasione secondo la quale all’economia non può essere attribuito il compito primario di organizzare le molteplici manifestazioni che caratterizzano l’esistenza di una comunità umana e politica, va ravvisato uno dei tratti essenziali dell’opposizione legionaria alla forma mentis delle moderne ideologie razionalistiche e illuministiche, ispirate dalla comune negazione dei principi gerarchici e religiosi compendiati nel Cristianesimo»). Un “programma” ovviamente spirituale che è facile spingere all’interno di un filone reazionario e controrivoluzionario. Piaccia o meno questo e altro ancora accadeva nell’Europa ortodossa di settant’anni fa dove Codreanu moriva, nell’autunno del 1938, durante l’ennesima carcerazione. Forse fucilato, forse già all’interno della prigione.
La battaglia del “capitano” fu principalmente identitaria, antiborghese in primo luogo – nel senso di contrasto al dominio della materia – e volta contro le forze della cosiddetta antitradizione. E fu la tipica battaglia meta-politica in nome di entità superiori che si combatté fra le due guerre. Sentiamo ancora Rizza: «La sfida apertamente lanciata dal legionarismo contro il potere delle oligarchie democratiche legate alla finanza internazionale e prevalentemente gestite da ebrei … e contro la propaganda comunista … si fondava proprio sul convincimento in base al quale solo un’azione diretta alla difesa e alla salvaguardia della specifica identità romena avrebbe potuto costituire una valida alternativa al disordine prodotto dalla sovversione plutocratica e marxista». Fu una lotta nella quale il soggetto (l’uomo) e l’oggetto delle attenzioni legionarie coincisero alla perfezione. Fu una lotta per l’uomo nuovo (o uomo differenziato, che dir si voglia), forse l’ultimo vero duello intestino dell’intera Europa se si eccettua quella guerra fredda che, “guerra” appunto, per ragioni arcinote lo fu più di forma che di sostanza. Evidentemente il nazionalismo rumeno non discendeva affatto, e l’autore ci tiene a dirlo, da una «divinizzazione o assolutizzazione di una realtà storica e umana (la nazione)» moderna, bensì dalle tradizioni religiose e civili proprie della Romania; era semplicemente a queste che il “capitano” e gli altri legionari intendevano ispirarsi quando citavano quell’uomo nuovo, “morale” di cui da più parti, in Occidente, s’andava celebrando la nascita. Siamo dunque nel pieno della “personificazione” della battaglia politica, tipicamente novecentesca. Fine della categorie (l’individuo nel suo valore numerico come, appunto, categoria vivente) e valorizzazione delle specificità e delle singolarità culturali, territoriali e spirituali di fede e tradizione religiosa. Così a trattare del razzismo (in senso lato) dell’altrettanto leggendaria Guardia di ferro il passo è breve. Rizza parla di un «pericolo» ravvisato da Codreanu, «incombente sui destini della propria terra e più vastamente una minaccia volta a distruggere i fondamenti religiosi e culturali della civiltà europea», cioè dell’ebreo; una minaccia più religiosa (quello di Codreanu fu vero e proprio antigiudaismo), che “politica”, dovuta essenzialmente «alla funzione negativa e dissolutrice che il giudaismo, inteso prevalentemente come messianismo materialistico, ha svolto in stretta concomitanza con i similari orientamenti antitradizionali della cultura moderna». Può bastare?
Pericoloso, molto pericoloso, anche se lontano dal paganesimo tedesco. Così pare.

http://www.lineaquotidiano.net/node/8452

martedì 27 ottobre 2009

Novità: LA POLITICA COLONIALE DEL REGNO D'ITALIA


Italia “potenza” imperialista in Africa. Con questo breve saggio, Marco Iacona indaga le vicende fallimentari della politica coloniale italiana nel periodo liberaldemocratico, dal 1882 al 1922, cioè dall’acquisizione della baia di Assab sulla costa meridionale del Mar Rosso (inizio di una lunga e complessa vicenda coloniale), alle origini dell’era fascista.
Le scelte e dei governi sottoposti alla guida di Francesco Crispi e di quelli presieduti da Giovanni Giolitti, nei modi, tuttavia, non si paleseranno affatto diverse rispetto alle opzioni del ventennio fascista. Uno dei giudizi finali di una vicenda che non ha mai smesso di far notizia, sarà infatti quello di un’Italia liberale che, in Africa, farà proprie le stesse opere di “convincimento” di una sorella fascista che, non troppo tardi, avrebbe occupato un posto che riteneva il “proprio”. Così gli annunci mussoliniani del 5 maggio del 1936, relativo alla cessazione della guerra d’Etiopia e quello successivo del 9 maggio, proclamazione del’impero “sui colli fatali di Roma”, non faranno altro che “consacrare” una vicenda di lacrime, sangue e sudore, di fatto lunga più di mezzo secolo.



Marco Iacona
LA POLITICA COLONIALE DEL REGNO D'ITALIA 1882-1922)
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-89756-68-3]
Pagg. 96 - € 8,00

http://www.edizionisolfanelli.it/politicacoloniale.htm

lunedì 24 agosto 2009

Dal primo capitolo del libro di Michele Sakkara: "Leni Riefenstahl"

Il Cinema mondiale in occasione della scomparsa di Leni Riefenstahl, si inchina riverente davanti alla Salma di colei che deve doverosamente essere ricordata per i suoi geniali film, divenuti fondamentali nella storia del cinema.

Questo l’epitaffio dovuto alla grandezza di colei che con immagini di soggiogante bellezza aveva raggiunto magistralmente effetti spettacolari in: Der Sieg des Glaubens (1933), Tag des Freiheits (1935), Triumph des Willens (1936), e nel famosissimo e insuperato Olympia (1938).
Invece, i mezzi di informazione hanno dato notizia della sua morte in maniera faziosa, fino allo scadimento più squallido e rispolverando vecchi commenti di denazificazione, come:

Signora, non è un delitto essere andata a letto con Hitler. Vogliamo solo sapere se era sessualmente normale... (Interrogatorio degli americani, 1946)

Nata a Berlino il 22 agosto 1902, Hèléne Bertha Amalie Riefenstahl apparteneva alla media borghesia, essendo figlia di un uomo d’affari titolare di una Azienda che produceva impianti di riscaldamento.
Fin dalla prima adolescenza aveva rivelato grande interesse per il mondo artistico studiando pittura e danza classica, nonostante l’opposizione della famiglia. Negli anni 1923-26, il suo talento di ballerina la condusse alla ribalta facendola notare da Max Reinhardt, che la fece danzare in varie città europee come Praga, Zurigo e, naturalmente, Berlino. Nella capitale tedesca, la Riefenstahl conobbe Arnold Fanck, che stava cercando una giovane attrice in grado di interpretare la figura di una ballerina, appassionata della montagna. Subito la scritturò come protagonista del suo film Der heilige Berg (1926), nel cui prologo ella eseguiva la "Danza del mare", un ballo di gusto espressionistico.
La scoperta del cinema e della montagna (Fanck era un regista specializzato in film a base di arrampicate e cime nevose), distolsero la Riefenstahl dalla danza, e da allora divenne attrice e interpretò film sempre diretti da Fanck.
Der grosse Sprung (1927) e Der weisse Rausch (1931) appartenevano al genere della commedia leggera, mentre S.O.S. Iceberg (1933) girato in Groenlandia (co-regia di Tay Garnett per la versione in lingua inglese), era di genere drammatico.
Ma il più famoso in assoluto per il successo ottenuto, che portò grande notorietà a lei e alla sua bruna bellezza sportiva, fu Die weisse Hölle von Piz Palü (1929), regia di George W. Pabst, con Güstav Diessl.
Das Blaue Licht (La bella maledetta), oltre che per il suo frequente luminoso fascino visivo, fu il film notato soprattutto per la maestria del montaggio.
Sulla suggestione esercitata dai meravigliosi paesaggi alpestri e dai volti dei montanari, si basava il primo film da lei diretto (con la collaborazione di Hans Schneeberger per la parte tecnica), nel 1932. Suoi erano anche soggetto, sceneggiatura e produzione e per l’occasione aveva appositamente costituita una Casa di produzione.
Era la trasposizione cinematografica di una popolare leggenda dolomitica: una vivissima luce brillava in una grotta di cristallo e solo Junta (ragazza selvaggia e misteriosa) conosceva il sentiero per raggiungerla, fino a quando un pittore scopriva il segreto e lo rivelava ai superstiziosi abitanti del villaggio, provocando la morte della ragazza che precipitava in un burrone.

lunedì 1 giugno 2009

Novità: GUARDIA DI FERRO. La Legione dell'Arcangelo Michele, di Paolo Rizza


Nato al di fuori dei consueti e convenzionali schemi classificatori propri della politologia corrente, il Legionarismo romeno si profila come perfetta sintesi fra le ragioni di una aristocratica milizia civile e i canoni di una rigorosa disciplina spirituale.
La singolarità dell'esperienza che ha animato le vicende della Legione e del suo Capo, si riflette nel riconoscimento del primato della vocazione ad una spiritualità cristianamente vissuta sulle multiformi contingenze politiche.
La denuncia del materialismo moderno e delle sue coerenti manifestazioni ideologiche, è la principale connotazione dottrinaria di uno straordinario fenomeno che, a dispetto dei polemici silenzi e dei faziosi travisamenti perpetrati dalla cultura dominante, serba nitidamente i caratteri di una incomparabile testimonianza ideale.

http://www.edizionisolfanelli.it/guardiadiferro.htm

Paolo Rizza
GUARDIA DI FERRO
La Legione dell'Arcangelo Michele
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-89756-62-1]
Pagg. 80 - € 7,00

lunedì 11 maggio 2009

PICCOLA STORIA DEL LIBANO: recensione di Arduino Rossi

Gli errori compiuti dell'Occidente dall'intervento francese alla fine dell'Ottocento,sin ad oggi.
Gli errori erano in un atteggiamento, che lo scrittore definisce giacobino, avvero nel mancato riconoscimento della forte presenza Maronita e cristiana in genere, nell'atteggiamento laicista, che impedì il costituirsi di uno Stato Maronita e cristiano.
Fu scelto la fusione e la confusione etnica come strategia, per non creare problemi con i vicini arabi.
Già nel 1860 i tentativi di autonomia della regione terminarono in eccidi di Maroniti da parte dei Drusi con la complicità degli Ottomani, cui l'intervento militare francese arrestò.
Si posero così le basi dello sviluppo economico per i cristiani, lasciando invece in condizioni arretrate le componenti islamiche.
Proprio per la presenza dei Drusi e degli sciiti, gruppi religiosi islamici differenti rispetto ai sunniti, si crearono situazioni di una frammentazione etnica, tanto catastrofica per il Paese.
La fine dell'impero Ottomano e la separazione della Siria provocò tensioni ancora attuali, oltre alla guerra civile della fine degli anni Ottanta del Novecento.
Si può dire, che giustamente, l'autore incolpa l'ambiguità dell'Europa, in particolare della Francia, con il suo atteggiamento contraddittorio, che impedì il sorgere di uno Stato cristiano a maggioranza Maronita, senza l'annessione di zone islamiche.
Si può dire che certi errori diplomatici e strategici l'Occidente li stia pagando e facendo pagare ancora alle minoranze non islamiche mediorientali.

Arduino Rossi

http://www.sololibri.net/Piccola-storia-del-Libano-Dal.html

lunedì 9 marzo 2009

IMPORTANTE EVENTO ALLA CATTOLICA: GIUSTIZIA PER I SUPERSTITI DELLE FOIBE

MILANO (Adnkronos). La presentazione del libro di Rossana Mondoni Sopravvissuto alle foibe, editore Solfanelli, che narra, sotto forma di una lunga ed emozionante intervista, la vicenda di Graziano Udovisi, l’italiano che riuscì a salvarsi dopo essere stato gettato in una foiba a Pola, aprirà l’importante seminario di studi che l’Università Cattolica del Sacro Cuore ha deciso di dedicare al dramma delle terre orientali italiane.
Il seminario ha per titolo: «Il sacrificio degli istriani, fiumani e dalmati per rimanere italiani. L’azione dell’Unione Europea per il loro diritto a vivere nella terra natìa».
L’importante evento è organizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche della Cattolica, diretto dal professor Massimo De Leonardis, ordinario di Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali, che presiederà i lavori, il cui inizio è previsto per mercoledì 11 marzo alle ore 15 nella Cripta Aula Magna. Dopo il saluto dell’on. Lucio Toth, presidente dell’Assocazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, e la presentazione del volume, che vedrà gli interventi dell’autrice, professoressa Rossana Mondoni, e del prefatore, lo storico Luciano Garibaldi, si alterneranno al microfono noti e qualificati esponenti della comunità degli esuli, come Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione degli Istriani, e Marino Micich, direttore del Museo storico di Fiume a Roma, oltre a illustri docenti quali Maurizio Maresca, ordinario di Diritto Internazionale ed Europeo nell’Università di Udine, Augusto Sinagra, ordinario di Diritto dell’Unione Europea a «La Sapienza» di Roma, Giulio Vignoli, docente di Diritto delle Comunità Europee all’Università di Genova.
Scopo del convegno, infatti, è quello di esaminare che cosa l’Europa oggi può e deve fare perché gli esuli e i loro figli ed eredi vengano in qualche modo ripagati delle gravissime ingiustizie e dei torti subìti negli anni del dopoguerra.
Contestualmente al seminario, nei locali adiacenti alla Cripta, sarà allestita la mostra «Conoscere per ricordare»: pannelli a colori sulle foibe e l’esodo giuliano-istriano-dalmata.

giovedì 19 febbraio 2009

Seminario di studi alla Università Cattolica del Sacro Cuore (Mercoledì 11 marzo 2009)

FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE
DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE
Seminario di studi

Il sacrificio degli istriani, fiumani
e dalmati per rimanere italiani.
L’azione dell’Unione Europea
per il loro diritto a vivere
nella terra natìa


In collaborazione con
Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Comitato di Milano


Mercoledì 11 marzo 2009
Cripta Aula Magna, ore 15.00
Università Cattolica del Sacro Cuore
Largo A. Gemelli, 1 - 20123 Milano
FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE
DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Presiede
Prof. MASSIMO DE LEONARDIS
Ordinario di Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali,
Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche

Saluto dell’On. LUCIO TOTH
Presidente nazionale dell’Associazione Nazionale
Venezia Giulia e Dalmazia

Relazioni

Presentazione del volume
ROSSANA MONDONI, Sopravvissuto alle foibe,

Solfanelli, Chieti, 2009
presente l’Autrice ed il prefatore LUCIANO GARIBALDI

La nuova Europa e l’esodo dei giuliano-dalmati
MASSIMILIANO LACOTA
Presidente dell’Unione degli Istriani
e della Libera Provincia dell’Istria in esilio

La posizione dell’Unione Europea nella
riaffermazione dei diritti umani, con particolare
riguardo ai diritti degli esuli

Prof. MAURIZIO MARESCA
Ordinario di Diritto internazionale ed europeo
Università di Udine

Far conoscere per far ricordare
Dott. MARINO MICICH
Presidente Associazione per la Cultura
Fiumana, Istriana e Dalmata nel Lazio,
Direttore Archivio Museo Storico di Fiume in Roma

Iniziative future
Prof. AUGUSTO SINAGRA
Ordinario di Diritto dell’Unione Europea
Università di Roma “La Sapienza”

Italiani dimenticati ... in Patria
Prof. GIULIO VIGNOLI
già Docente di Diritto delle Comunità Europee
e Organizzazione internazionale, Università di Genova

Contestualmente al Seminario,
nei locali adiacenti alla Cripta,
sarà allestita la mostra
CONOSCERE PER RICORDARE
Pannelli a colori sulle foibe e l’esodo
Giuliano-Istriano-Dalmata

martedì 3 febbraio 2009

Graziano Udovisi


Graziano Udovisi è nato a Pola in Istria il 6 luglio 1925 da Francesco e Anna Seskar. Risiede a Reggio Emilia.
Frequenta il corso di Allievo Ufficiale a Pola dal gennaio al settembre 1944; diventa tenente della M.D.T. (Milizia Difesa Territoriale fino al 1945. Dall’ottobre 1943, è ufficiale comandante del Presidio di Portole d’Istria e di Rovigno d’Istria. A fine guerra, per salvare i suoi militi, si sposta da Rovigno a Pola su una motobarca. Venuto a conoscenza che i suoi soldati sono ricercati dagli slavi, il 5 maggio 1945 si presenta al Comando slavo (ubicato nella ex questura), raccontando di aver portato in salvo i suoi subalterni a Capodistria prima di raggiungere Pola. Il 13 maggio di quello stesso anno, viene rinchiuso in una cella di circa 16 mq, senza presa d’aria, insieme ad una trentina di soldati. Nella notte fra il 13 e il 14 maggio viene prelevato dalla cella e torturato insieme ad altri cinque commilitoni. Il 14 maggio viene trascinato sull’orlo della foiba di Fianona per essere trucidato. Riuscitosi a liberare i polsi dal fil di ferro che lo legavano, si getta nel baratro, prima che una raffica di mitra lo uccidesse. Nella foiba, a una profondità di venti-trenta metri c’è una pozza d’acqua. In questo modo si salva Risalendo, la sua mano incappa in una testa che prontamente afferra, salvando così un altro sventurato (Giovanni Radeticchio detto “Nini”).
Processato dagli italiani presso il Tribunale di Trieste (Trieste era sottoposta al Governo Militare Alleato) per “collaborazionismo col tedesco invasore”. Egli si difende dichiarando di aver difeso il suolo italiano dallo slavo invasore. Il Tribunale non crede al suo calvario, disconoscendo le foibe, e lo imprigiona prima a Padova, poi a Venezia, Udine, Gorizia, Trieste e Civitavecchia. Liberato nel 1947 a Civitavecchia senza alcuna carta di rilascio. Insegnante elementare, nel dopoguerra si stabilisce nel mantovano: Concoro, Gonzaga; poi nel reggiano: Novellara, Rubiera.

domenica 1 febbraio 2009

Novità editoriale


Graziano Udovisi nel 1943 è un giovane diplomato di Pola, importante base navale italiana in Istria. Dopo lo sbando generale conseguente all’armistizio dell’8 settembre, all’età di 18 anni, decide di arruolarsi insieme ad altri giovani suoi coetanei, nella Milizia territoriale, per difendere Pola dagli attacchi dei comunisti iugoslavi del maresciallo Tito.
Terminata la guerra si presenta al comando di zona, tenuto dai partigiani titini e italiani. Trattenuto, subì torture di ogni genere per alcuni giorni, poi venne infoibato insieme ad altri sventurati. Da quella voragine, riuscì miracolosamente a risalire. Ricorda come la fede gli abbia fatto forza permettendogli di uscire vivo da quell’inferno. Il suo racconto è ricco di particolari riguardo il disegno politico dei comunisti titini che perseguitavano in nome della loro nefasta utopia.
Dopo i titini arriva un’altra terribile insidia: la giustizia italiana. Dopo essere stato curato clandestinamente dalle profonde ferite subite nella foiba, venne tradito. Arrestato, processato, tradotto nelle prigioni di Padova, Venezia, Udine, Gorizia, Trieste. Subì una condanna di oltre tre anni.
Senza soldi e mezzi, con l’avvocato d’ufficio, che non riesce ad avere nemmeno l’appello, dovette subire il carcere. Ancora oggi la sua storia è contestata dai cosiddetti negazionisti. Graziano Udovisi risponde con lucidità ed estrema pacatezza lasciando intravedere una verità che va ben oltre ogni ragionevole dubbio.




Rossana Mondoni
SOPRAVVISSUTO ALLE FOIBE
La vicenda di Graziano Udovisi, combattente italiano al confine orientale, infoibato dai titini, miracolosamente sopravvissuto

Presentazione di Luciano Garibaldi
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-89756-60-7]
Pagg. 126 - € 10,00